Sino ad oggi la fotografia ha vissuto sconvolgimenti tecnologici e sociologici. In questo contesto, che dire dell’estetica della fotografia e della “visione unica” del fotografo? Questo sito prende vita a partire dal fondamentale contributo di François Soulages, autore della nuova edizione di “Esthétique de la Photographie”.
Negli anni 2000, abbiamo assistito a una favolosa rivoluzione tecnologica: l’emergere della fotografia digitale. Tutti hanno iniziato a “sparare scatti” su qualsiasi cosa (i “clickers” come li ha definiti O. Toscani), perché è facile e non costa nulla. Oggi puoi scattare migliaia di foto e pubblicarle subito su Internet. È uno sconvolgimento radicale con un cambiamento completo nel rapporto con la fotografia, con l’immagine, con se stessi e con il mondo. È un’esplosione esponenziale della fotografia del “selfie”, è l’era dell ‘”ego on-line”. Non si solleva più la questione ontologica: “che cos’è la fotografia?” Ma piuttosto la questione mediologica: “che uso facciamo della fotografia?”. In questo senso un aspetto fondamentale di questo lavoro consiste nel “servire il pensiero levi-straussiano” al fine di consolidare le basi di una postmodernità liberata dalla trappola del “tutto vale” (si veda anche “La furia delle Immagini” di Foncuberta). L’approccio all’est-etica è maturato ed è stato nutrito a partire dalla rivoluzione digitale per poi proseguire con altri interrogativi: qual’è il rapporto con la realtà? qual è il rapporto tra soggetto e oggetto? qual è una “buona” immagine (e non una “bella” fotografia come ci hanno insegnato U. Mulas e G.B. Gardin)?
La fotografia attuale mette in discussione questo doppio enigma della “realtà” e della “fotografia”: spostando le foto senza arte nel regno dell’arte. Lavorando sull’irreversibile o sull’incompiuto – queste due dimensioni del fotografarlo – mette in discussione la realtà e le sue rappresentazioni, oggetto e soggetto, essere e tempo, fotografia in particolare e arte in generale. La fotografia crea una rappresentazione deferenziata rispondendo in modo specifico agli ordini e tenendo conto delle sue probabili e possibili ricezioni, talvolta per opporsi ad esse.
“AESTHET(H)ICAL PHOTOGRAPHY” propone un approccio teorico alla fotografia considerando paradigmatiche la “Ricerca” e il “Progetto” quali attività fondamentali che devono sempre precedere lo scatto. L’istante come “istantaneità” si confronta con un’ambiguità temporale. Incontriamo quotidianamente una liquefazione (si veda anche: “Modernità Liquida” di Z. Bauman) in frattali spazio-temporali (es: le immagini caricate quotidianamente su Instagram), che la fotografia stessa non può contenere. Non può essere vincolata a un taglio immobile nel tempo, perché il significato ontologico dell’immagine fotografica “scivola”. Si rifugge dal passato, ancore datate e passate legate in particolare al pensiero di Barthes che richiedono una ri-definizione altra dalla “percezione mortale” di “La Chambre Claire”. In questo testo fondamentale scopriamo infatti le carenze degli strumenti teorici in grado di catturare l’essenza della creazione fotografica. Ci impegniamo pertanto ad una loro ridefinizione attraverso uno studio critico, tra destrutturazione e ristrutturazione, troviamo nuovi formalismi capaci di spingere la fotografia oltre i confini del momento verso un tempo e spazio. Componiamo pertanto “percorsi fotografici” con una poetica di “deriva”, “mancanza” e “incertezza” dove le fotografie si costituiscono così ad un evento “carente” (si rimanda ovviamente all’enorme bibliografia che ritroveremo nei vari progetti fotografici, lasciataci in eredità da filosofi quali Deleuze, Derrida, Artaud, Levinas, Foucault ed altri). Osserviamo circostanze in cui è la “tensione” a determinarle e non più la mera “armonia compositiva”. L’istanza riesce così a divenire anelito di ricerca profonda di significati, sempre rinnovata, verso una “buona” fotografia.
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